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Fave

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TENDENZIALMENTE ARGILLOSO
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Sott'olio 270g

La fava è una leguminosa della sottofamiglia delle Papilionacee, detta anche la carne dei poveri.

Originaria dell’Asia minore e di antichissima coltivazione, è citata già nei testi biblici, dove il suo consumo viene temporalmente collocato già prima del Diluvio universale.

Conobbe poi un vero boom presso i Greci e i Romani sebbene sia stata poi soppiantata dal fagiolo.

I Romani le includevano nella loro alimentazione; inoltre, in occasione delle feste in onore della dea Flora, le lanciavano sulla folla perché credevano fossero di buon auspicio.
Sempre in epoca romana, le fave ebbero l’onore di conferire il nome a diverse casate nobili: tra di esse si annovera una delle famiglie più rilevanti di Roma, ovvero i Fabi, il cui nome deriva probabilmente da questo legume.

In passato, dal Medioevo fino al secolo scorso, le fave secche, cucinate in vari modi, rappresentavano la maggiore fonte di proteine nell'alimentazione di parecchie popolazioni.
Ancora oggi, si possono considerare un cibo fondamentale nel regime alimentare di vari popoli africani.

Per tutto il Medioevo e, fino al secolo scorso, le fave secche cotte in svariati modi hanno costituito la principale base proteica alimentare di molte popolazioni specialmente di quelle meridionali d’Italia. Nei tempi recenti il consumo dei semi secchi si è ridotto, mentre ampia diffusione ha ancora nell’alimentazione umana l’uso della granella immatura fresca o conservata inscatolata o surgelata

Caratteristiche

La fava è una leguminose appartenente alla tribù delle Vicieae; il suo nome botanico è Vicia faba (o anche Faba vulgaris).
Nell’ambito della specie tre varietà botaniche sono distinguibili in base alla dimensione dei semi:
 
- Vicia faba maior, fava grossa, che produce semi appiattiti e grossi
- Vicia faba minor, favino o fava piccola, i cui semi sono rotondeggianti e relativamente piccoli e s’impiegano per seminare erbai e sovesci (poiché fanno risparmiare seme, rispetto alle altre varietà) e anche come concentrati nell’alimentazione del bestiame.
- Vicia faba equina, favetta o fava cavallina, provvista di semi appiattiti di media grandezza che s’impiegano per l’alimentazione del bestiame e, oggi, anche dell’uomo come granella fresca inscatolata o surgelata.
 
La fava è una pianta annuale, a rapido sviluppo, a portamento eretto, glabra, di colore grigio-verde, a sviluppo indeterminato. La radice è fittonante, ricca di tubercoli voluminosi. Gli steli eretti, fistolosi, quadrangolari, alti fino a 1,50 m (media 0,80-1,00 m) non sono ramificati, ma talora si può avere un limitatissimo accestimento con steli secondari sorgenti alla base di quello principale. Le foglie sono alterne, paripennate, composte da due o tre paia di foglioline sessili ellittiche intere, con la fogliolina terminale trasformata in un appendice poco appariscente ma riconducibile al cirro che caratterizza le foglie delle Vicieae.
 
I fiori si formano in numero da 1 a 6 su un breve racemo che nasce all’ascella delle foglie mediane e superiori dello stelo. I fiori sono quasi sessili, piuttosto appariscenti (lunghezza 25 mm), la corolla ha petali bianchi e talora violacei e, quasi sempre, con caratteristica macchia scura sulle ali. L’ovario è pubescente, allungato e termina con uno stigma a capocchia, esso contiene da 2 a 10 ovuli.
 
Nel favino la fecondazione può essere allogama, con impollinazione incrociata operata da imenotteri (api e bombi), o autogama. L’ovario fecondato si sviluppa in un baccello allungato, verde allo stato immaturo, bruno quando maturo e secco, esso contiene da 2 a 10 semi di colore generalmente verdognolo chiaro, ma anche bruno o violetto, con ilo grande, allungato e in genere scuro. La forma e le dimensioni dei semi sono, come s’è visto, diversissime nelle diverse varietà.

Le fave sono legumi che possiedono molteplici proprietà grazie all’elevato contenuto di fibre alimentari, vitamine, minerali e composti fenolici antiossidanti.

Il consumo di fave, sia fresche sia cotte, è ottimo per l’organismo in quanto sono un valido aiuto per combattere malattie degenerative come patologie cardiovascolari e infiammatorie, oltre al cancro e al diabete. Inoltre, anche le loro foglie presentano effetti benefici: vengono essiccate e utilizzate per stimolare la diuresi.

Le fave rappresentano un’adeguata fonte di proteine, carboidrati e fibre a basso contenuto di grassi, risultando ideali per le diete ipocaloriche. Presentano inoltre diversi micronutrienti essenziali e sostanze fitochimiche bioattive (oligosaccaridi, inibitori enzimatici, fitosteroli e saponine).

Le calorie delle fave secche sono pari a 341 ogni 100 grammi di prodotto mentre le calorie delle fave fresche sono pari a 72 ogni 100 grammi.

In ultimo, le calorie delle fave surgelate sono solo 62 per 100 grammi di prodotto.

Ambiente

La fava germina con accettabile prontezza già con temperature del terreno intorno a 5 °C; in queste condizioni l’emergenza si ha in 15-20 giorni.
La resistenza della fava al freddo è limitata, durante la fioritura la resistenza al gelo è ancora minore.
Durante la fioritura sono da temere anche alte temperature che, se superano i 25°C, provocano la “colatura” dei fiori.
 
Dal punto di vista idrico, la fava è una forte consumatrice d’acqua.
La siccità provoca colatura dei fiori e la riduzione del numero dei semi per baccello e del peso.
La fava si adatta bene a terreni pesanti, argillosi, argillo-calcarei; rifugge da quelli sciolti e poveri di humus, organici, soggetti ai ristagni di acqua.

Varietà

I principali obiettivi del miglioramento genetico della fava sono: aumento della produttività (specialmente attraverso la regolarità di produzione), precocità, resistenza a certe avversità (freddo, virus), maturazione contemporanea della granella, qualità della granella.
Le attuali varietà sono o popolazioni sottoposte a selezione massale o varietà sintetiche. Qualche promettente prospettiva sembra offerta dalla costituzione di “ibridi F1”.

Tecniche di coltivazione

Grazie al fatto che è una leguminose, la fava è una coltura miglioratrice eccellente e costituisce un’ottima precessione per il frumento; il suo posto nella rotazione è quindi tra due cereali.
Si può considerare che il cereale che segue la fava trovi un residuo di azoto, apportato dalla leguminose.
Non è necessario preparare un letto di semina molto raffinato: la notevole mole dei semi fa sì che il contatto col terreno sia assicurato anche se persiste una certa collosità.

Semina

La semina è autunnale e va fatta in modo che le piantine abbiano raggiunto lo stadio di 3-5 foglie prima dell’arrivo dei freddi. Nelle regioni centrali l’epoca ottimale di semina è tra ottobre e novembre; in quelle meridionali la seconda decade di novembre. Le semine primaverili (in realtà a fine inverno) vanno fatte quanto prima possibile per anticipare il ciclo e sfuggire alla siccità.
 
La semina deve essere piuttosto profonda: 60-80 mm nel caso di fava grossa, 40-50 mm nel caso di favetta e di favino. Sembra che con una semina profonda gli attacchi di orobanche diminuiscano. Nella coltura ortense la fava a seme grosso è seminata a postarelle, deponendo 3-5 seme per buchetta in 4-5 buchette a metro quadro.

Raccolta e trasformazione

La raccolta dei baccelli di fava da orto per consumo fresco si fa a mano. I semi immaturi per l’inscatolamento e la surgelazione si raccolgono con macchine sgranatrici fisse o semoventi, quando hanno raggiunto il giusto grado tenderometrico. Il grado tenderometrico è fornito da un apposito apparecchio, chiamato tenderometro, che misura la resistenza del seme ad essere perforato da una punta. I valori tenderometrici ottimali di norma sono 95-105 per le fave da surgelazione, di 115-125 per le fave da inscatolamento.
 
La raccolta dei semi secchi si fa quando la pianta è completamente secca.
 
La fava grossa non si riesce a raccogliere con mietitrebbiatrici, se non con pessimi risultati qualitativi (rottura dei semi). Solo il favino si raccoglie abbastanza facilmente mediante mietitrebbiatrice opportunamente regolata.
 
L’epoca di raccolta è la metà di giugno nell’Italia meridionale, la fine di giugno in quella centrale, la metà di luglio nell’Italia settentrionale con semina primaverile.
 

Curiosità

Pitagora, grande filosofo e genio incontrastato nelle discipline matematiche, nonché fine erborista le considerava un cibo malefico in grado di corrompere la mente ed il fisico. Egli, in prima persona, le odiava tanto che evitava con cura ogni minimo contatto con le stesse, una sorta di fobia che gli sarebbe stata fatale, infatti, in fuga dagli scherani di Cilone di Crotone, preferì farsi raggiungere ed uccidere piuttosto che mettersi in salvo attraverso un campo di fave.

Della sua stessa opinione era anche Aristotele il quale, oltre alla caratteristica di corrompere anima e corpo, attribuiva loro anche il potere di far fare sogni osceni, inducendo a pericolose tentazioni.

Omero, le cita spesso nei suoi poemi e Aristofane, commediografo gastronomo, nella sua commedia “Le Rane”, nutre, fra gli intervalli delle sue leggendarie fatiche, il mitico Ercole, con una superenergetica, quanto ghiotta, purea di fave.

Ancor di più e con meno riserve, furono amate dai Romani che a mezzo del grande gastronomo Apicio, autore del “De Re Coquinaria”, ci hanno tramandato anche tutta una serie di ricette, alcune curiose e particolari ed altre che somigliano incredibilmente a ricette ancora in auge in molte cucine tradizionali, tra cui nella cucina regionale pugliese.

Tra gli impieghi più particolari messi a punto dai Romani, una speciale farina che trovava utilizzo nella preparazione di focacce e dolci e che, diluita nel vino, addolcita con miele e aromatizzata con spezie, dava luogo ad una particolare densa bevanda.

La prestigiosa Scuola Medica Salernitana, rispolverando gli antichi precetti classici, le avrebbe poi nuovamente messe alla gogna, dichiarandole nocive per la vista.
Nel “Regimen Sanitatis”, infatti si legge: “Fave, vin, lussuria, pianto, copula e punture; botte, polve e opre dure, cause agli occhi son di lutto”.

Ricette con le fave

Come il resto dei legumi secchi, le fave necessitano di essere messe a bagno in media 12 ore prima di essere utilizzate nelle varie preparazioni.

Le fave secche possono essere con la buccia o decorticate e, in questo caso, la fase di ammollo diminuisce circa 8-10 ore.

Se si decidesse di cucinarle appena  raccolte, possono essere cucinate direttamente, ad es. si potrebbero fare al forno (180° per 25 minuti) o bollite insieme alle patate per un secondo sfizioso e condite semplicmente con olio, sale e prezzemolo.

La conservazione delle fave deve avvenire in frigorifero. Trattandosi di legumi piuttosto delicati, occorre consumarli entro al massimo 2 o 3 giorni, per evitare che anneriscano.
Per questo motivo conviene congelarle se non si ha intenzione di consumarle nel breve periodo.

Esistono diverse idee di ricette con le fave e semplici da preparare

Una di queste è il risotto con seppie e fave.
Per realizzarlo è sufficiente far bollire le fave in acqua calda salata per circa 5 minuti.

Nel frattempo, andiamo a mettere nel mixer alcune foglie di menta con una di burro freddo. Si creerà una pasta che andrà stesa su della carta da forno e messa in frigorifero per farla raffreddare.

A questo punto, dobbiamo passare le fave nel passaverdure per ridurle in purea tenendole da parte alcune.

Ora, puliamo le seppie, dividiamo i tentacoli dal corpo centrale e tagliamo alcune striscioline e le facciamo saltare in padella per qualche minuto con un goccino di olio.

In una padella facciamo rosolare un po' di cipolla affettata sottilmente con un po' di olio. Appena inizia a rosolare, aggiungere il riso, farlo tostare e sfumare con del vino bianco.

Una volta evaporato, aggiungiamo le seppioline e continuiamo la cottura aggiungendo del brodo vegetale.

Al termine della cottura, inseriamo sia la crema di fave sia le fave intere. Quando il riso è cotto, mantecarlo con del burro aromatizzato alla menta e lasciarlo riposare coperto per un paio di minuti.

Ora dobbiamo infarinare e friggere i tentacoli in abbondante olio di semi di arachidi.

E' arrivato il momento di impiattare il nostro risotto e decorarlo con i tentacoli fritti insieme ad una spolverata di pepe.

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